Un Gran Paradiso di stelle
Poco sappiamo di ciò che ruota sopra le nostre teste. Luoghi sconosciuti, tanto lontani che nemmeno la più fervida immaginazione può descrivere. Solo scrittori come Verne o Asimov son riusciti a descrivere con la fantasia e con una gran dovizia di con dettagli, questi lunghi viaggi. Per Verne poi avveratesi, per Asimov invece, ancora dovremo aspettare.
Quando è sera si inizia a salire in quota, ci si copre, nello zaino un thermos caldo, berretto e guanti. Per la maggior parte degli escursionisti sembrerà strano, normalmente molti di loro hanno paura di rientrare con il buio, ma nel nostro caso invece il buio è proprio quello che cerchiamo.
Si inizia al tramonto cammiando verso gli altipiani, il momento più bello per percorrere un sentiero. Man mano che la quota sale, si cerca di vincere l’ombra che riuscirà ugualmente ad avvolgerci.
Il lago oramai è all’ombra, la sua luce è quella riflessa della punta Basei ancora illuminata dal Sole, alcune nuvole innocue, iniziano a tingersi di giallo, segno che di a poco scenderà il crepuscolo.
Dallo splendido lago di Rosset, frequentato spesso da stambecchi, volpi e sopratutto marmotte si va in cerca di piccoli laghi che riflettono le cime più importanti del massiccio del Gran Paradiso. Nella foto da sinistra al tramonto il Gran Paradiso e il Ciarforon.
E’ piacevole l’attesa, dal tramonto alla notte più fonda passa ancora più di un’ora, nella stagione estiva prima di sperimentare il buio. Sono questi però i momenti più ancestrali, il cielo cambia colore, dal blue al viola, un colore che si può notare solo a quote sopra i 2500m. Una tavolozza di colori davanti a noi che cambia ogni cinque minuti, sempre più scura, preparandoci così mentalmente alla notte che passeremo all’aperto oltre i 2700m di quota.
Sono le ore 22:00 il cielo finalmente si oscura, ma non troppo, un quarto di Luna è li ad osservarci e ad illuminare quel che basta le montagne intorno per essere osservate e fotografate.
Ma le sorprese non sono finite. Dal fondo del cielo ancora leggermente blu, appaiono le prime stelle, una pioggia, le ultime nuvole si diradano e pian piano scopriamo la bellezza siderea del cielo notturno estivo.
La Luna sta tramontando colorando, di un particolare colore rosato le nuvole e i ghiacciai del Gran Paradiso. Il nostro occhio ormai abituato da due ore al buio scorge una grande nube di stelle da Nord a Sud passando allo Zenith. E’ la Via Lattea, la galassia che ospita il nostro sole, e il pianeta dove viviamo.
A Sud il centro galattico, non sono solo stelle, con un binocolo si posso scrutare ammassi di stelle, nebulose, un incredibile labirinto cosmico, dove tutto ha inizio e fine. In fotografia si possono apprezzare luci effimere, colori che il nostro occhio non è in grado di osservare di notte. Stelle arancioni, rosse, blu, luci che arrivano da lontano, di molti anni fa. Una gigante rosso Antares spicca nel cielo estivo a Sud, con una magnitudo di prima grandezza, impossibile non notarla, ma se volgiamo lo sguardo a Nord c’è qualcosa di ancora più affacinante più lontano di 604 anni luce.
Il Gran Paradiso sotto la Via Lattea, un’immagine diventata cliché. Un occhio attento però non può non notare che nel mezzo della foto un po più a destra c’è una stella che ha qualcosa di strano. Non sembra a fuoco, è allungata, una specie di batuffolo.
Non resta che prendere un teleobiettivo e scattargli una foto ravvicinata.
Nel mirino si intravvede un grande batuffolo e delle stelle un po rade. Non resta che esporre il sensore per 4 minuti e attendere. Il tempo scorre lento, inizia a far freddo, siamo sempre a 2600m, al buio, in mezzo ad un colle che in qualche momento è attraversato da una leggera brezza che gela le ultime parti di corpo rimaste calde. Sono le ore 3:45, dopo i lughi 4 minuti di attesa lo specchio scatta verso il basso. E’ ora di dare un occhiata a cosa è rimasto impressionato. Ecco qua nella foto in alto, un campo stellare con stelle di magnitudo 17, invisibili ad occhio nudo, ed un oggetto tutt’altro che stellare. E’ la “vicina” Galassia di Andromeda M31 con le sue satelliti M110 e M32. Il sensore ha catturato una luce che arriva da molto tempo fa 2,54 milioni di anni luce. Abbiamo catturato la luce di qualcosa che potrebbe non esistere più.
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