L’autunno, il lago e il massiccio

Arpy è un breve vallone che parte dal Colle San Carlo, tra i comuni di Morgex e La Thuile. Una conca erosa dai ghiacciai che oggi offre al suo visitatore una delle viste più emozionanti sul massiccio del Monte Bianco.
Un angolo di paradiso che ha una lunga storia, il villaggio poco sotto era un borgo di minatori. Ancora oggi dal vallone si possono notare i segni dell’attività mineraria nascosta dagli estesi boschi di conifere.

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Sono proprio i boschi di abete ma sopratutto di larice, il “signore” del vallone di Arpy, la caratteristica naturale di questi luoghi. Lungo il facile sentiero che dal colle guadagna i 2000m della conca del lago, non si possono notare i grandi larici secolari che in autunno dipingono di color pastello l’intera valle.

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Un ambiente esteticamente perfetto, che in questa stagione inizia a prepararsi per l’arrivo dell’inverno. Le prime gelate immobilizzano i fiori, le foglie dei fiori appassiti. La luce del primo mattino crea micro-paesaggi che solo un insetto o un fotografo sdraiato a terra può osservare. Come in un caleidoscopio, il ghiaccio, forma arcobaleni, forme e lampi di luce.


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Un’ora di cammino dal Colle San Carlo e si giunge al Lago di Arpy, uno dei laghi più conosciuti della Valle D’Aosta, per la bellezza del bacino e per la spettacolare vista che regala dalle sponde più a Sud.
A 2000m il bosco si larici si dirada e offre un’ampia visuale sulle vette del massiccio del Monte Bianco e non solo.

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Nella stagione autunnale, sia la sera che la mattina, questo luogo offre le luci più belle. Quest’anno abbiamo visitato il lago due volte, nel pieno del foliage autunnale e subito al suo finire quando le acque del lago hanno iniziato a gelare.

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E’ interessante osservare come in una decina di giorni un luogo possa cambiare il suo aspetto rapidamente. Questo conferma come la stagione autunnale sia molto variabile. Si può passare da giornate calde e luminose a giorni freddi, gelidi. Per assaporare meglio il clima, il genius loci di questo luogo, abbiamo scelto di fermarci in tenda una notte

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Fermarsi del tempo, nello stesso luogo, dal punto di vista fotografico ma anche emotivo, è una scelta obbligata se si vogliono realizzare fotografie uniche e molto intime. Occorre abituarsi ad un luogo per osservarlo nel suo profondo e coglierne tutti i suoi aspetti. Il gelo e le luci della mattina, la pace del tramonto, la variabilità dei colori, delle luci e delle ombre, i soggetti, anche minuti.

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A fine ottobre, il sole bacia poco la conca che lago, una spruzzata di neve delle settimane precedenti non si è più sciolta. Le nostre tende saranno posizionate proprio nel punto più in ombra, ma anche la posizione da dove ammirare l’alba sul massiccio del Monte Bianco semplicemente aprendo la zip della tenda.
Se il tramonto è stato veloce e dai colori molto tenui, la notte e l’alba hanno dato il meglio.

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Montate le tende il buio è arrivato molto velocemente e con lui anche il primo freddo che ricorda l’inverno. La temperatura alle nove della sera era già sotto zero.
La Via Lattea sopra le nostre tende, ci osserva, sconfinare dalle vette del Colmet, attraversa tutto il cielo. I cieli tersi autunnali permettono, grazie anche al freddo, di osservare un’infinità di stelle.

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Un tea caldo, discorsi filosofici, sulla fotografia, sull’esistenza, emozioni che si possono assaporare in compagnia davanti alle tende, soli in mezzo alle montagne. Le fioche luci delle lampade illuminano per una decina di metri intorno al campo tendato.
E’ mezzanotte, i piedi sono quasi gelati, vediamo uscire il fumo dalle nostre bocche, illuminarsi alla luce della frontale. La neve sulle vette inizia a brillare di un colore pallido alabastro, è la Luna.

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Sorta la Luna la luce cambia nuovamente, torna visibile il lago e le vette oltre 4000m del Monte Bianco, il momento dell’ultima fotografia prima di andare a dormire.

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Sono poche le ore di sonno, il crepuscolo sorge alle sei del mattino. Vista la fatica per arrivare fino qui, non ci si può perdere l’alba dal lago.
E’ sempre difficile capire come sarà l’aurora del mattino, questa volta siamo stati premiati. Prima un blue elettrico, poi un alone caldo circonda le Grande Jorasses. Poi arriva il Sole, tiepido ma dai colori molto caldi, illumina le vette più alte per poi scendere pian piano verso valle. Un momento di contemplazione, in silenzio, il giusto compenso per l’anima dopo una notte passata al freddo isolati tra i monti.

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La notte la temperatura è scesa molto, meno di dieci gradi sotto zero, lo si nota sulla superficie del Lago, il giorno prima metà del bacino era ancora acqua, ora è interamente congelato.
Sono le nove del mattino, venti ore dopo il nostro arrivo, si decide di smontare il campo, dopo una lauta colazione a base di tea caldo e biscotti.

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Ora si scenderà nuovamente a valle, con i nostri zaini carichi non solo di attrezzature, ma anche dei ricordi di un’esperienza, insieme ed unica.

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