Conservare le immagini digitali: 1° parte

Sto lavorando da tempo alla sistemazione dell’archivio di film invertibili. Un lavoro lungo e faticoso perché si tratta di archiviare migliaia di diapositive, originali, in modo che non si deteriorino nell’immediato. Con immediato intendo che il materiale sensibile non subisca deterioramento nel giro di 90-100 anni.
Non è per vanità ma sono sicuro che il materiale fotografico prodotto negli ultimi 25 anni, se oggi ha un valore minimo, in futuro potrà essere utilizzato come memoria o documento storico delle condizioni ambientali e sociali delle nostre Alpi. Ognuno di noi ha nei suoi archivi immagini che con il tempo potranno diventare documenti a memoria di uno stato nel tempo passato. Una non corretta conservazione porterà inevitabilmente alla perdita di queste informazioni, che non saranno più accessibili in futuro. Diventa importante porsi il problema di come conservare il patrimonio informativo che le nostre fotografie potrebbero avere non oggi ma un domani se prese in mano da qualche storico o ricercatore. Nel mio caso specifico pensate a tutte le immagini di ghiacciai delle Alpi o di vallate che già negli ultimi 20 anni hanno subito forti cambiamenti, dovuti al global warming o dalla speculazione edilizia. Altre immagini raccontano persone che non sono più tra noi e di lavori che con il tempo sono andati scomparendo. Non sembra, ma il nostro mondo cambia sempre più velocemente e noi che ci occupiamo di fotografia dobbiamo porci il problema che i nostri archivi invecchiano conservando informazioni che magari oggi pubblichiamo su una rivista o mostriamo in un evento, ma in futuro non troppo lontano serviranno a storici e ricercatori.

 

Conservare il materiale sensibile (in film di acetato, triacetato e polietilene) non è cosa facile specie se non si hanno a disposizione i mezzi di un museo. Se avete immagini più vecchie degli anni 80 è facile che abbiamo già iniziato il loro deterioramento perdendo come primo colore il ciano.
Sono presenti sul mercato manuali sulla conservazione del materiale sensibile, il mio intento in questo articolo è quello di parlarvi di un altro problema di conservazione dell’informazione, che rischia di diventare ancora più grande.

Oggi produciamo un’enorme quantità di dati, ma questi dati saranno ancora leggibili tra 100 o più anni?


Siamo più o meno convinti che una volta digitalizzato il materiale fotografico non si deteriori e rimanga intatto, la stessa cosa ovviamente la pensiamo per i nostri file RAW che avidamente conserviamo nei nostri hard disk.
Devo darvi una brutta notizia, che siano scansioni, che file nativi digitali, tutto quello che voi in questo momento state salvando nei vostri hard disk potrebbe in un futuro non troppo lontano diventare completamente illeggibile.

Pensiamo sempre che le cose rimangano uguali a se stesse, ma sta già succedendo sotto i nostri occhi che molte potenti applicazioni per computer di dieci o più anni fa oggi non siano più in grado di funzionare nei moderni sistemi operativi a 64bit. Pensate per esempio alle pile di floppy che potreste avere in cantina. Il computer che ora sto utilizzando non è in grado di leggerli, perché non possiede il lettore floppy ma non ha nemmeno il cd-rom. In sostanza se avessi il bisogno di leggere dei dati importanti del 1995 in questo momento non sarei in grado di farlo. Sempre che il supporto magnetico dei floppy sia ancora leggibile.

I prodotti elettronici raggiungono l’obsolescenza sempre più rapidamente, quindi il rischio che in breve tempo le nostre periferiche di archiviazione e i formati raw utilizzati non saranno più leggibili.

 

 

C’è una soluzione a questi problemi o dobbiamo aspettarci un “Medioevo digitale” con moltissime informazioni non più leggibili?

Dietro la citazione “Medioevo digitale” si cela Vint Cerf, un’uomo che ha contribuito l’evoluzione dei computer di oggi manager importante di Google. “Dietro di noi un deserto digitale, un altro medioevo. Se tenete a una foto, stampatela”
Parole importanti e forti se pensiamo all’influenza di chi le ha dette. Cerf non intende consigliare tutti noi di stampare su carta i nostri archivi, sarebbe un’impresa biblica per i professionisti e le agenzie. La sua frase è molto più profonda, va oltre bisogna interpretare quello che ha detto. In questo momento, dato l’innumerevole numero di formati RAW proprietari e non, siamo completamente in assenza di una soluzione adeguata per proteggere le informazioni dall’obsolescenza. Vista l’impossibilità nell’immediato di poter garantire la durata di un’immagine digitale più di 100, 500, 1000 anni l’unica soluzione attuabile per Cerf è quella di stamparle, memore del fatto che sulla conservazione di documenti stampati la nostra società può appoggiarsi ad un’esperienza di secoli.

Quindi nel nostro quotidiano come dobbiamo comportarci?
Ne parleremo nella seconda puntata di questo articolo tra pochi giorni!